
Torniamo sulle strade della California per il nostro terzo itinerario in questa splendido stato degli USA. Dopo aver attraversato montagne e aver seguito la costa (questi i link all’itinerario 1 e all’itinerario 2), in questa occasione ci spostiamo in un territorio radicalmente diverso: la Death Valley.
Ci troviamo nella parte centro-meridionale della California, lungo il confine con il Nevada, in un’area desertica di grande fascino. La Death Valley è il più grande parco nazionale degli Stati Uniti al di fuori dell’Alaska con un’estensione di quasi 1.400.000 ettari.
Il suo territorio è molto vario, delimitata com’è da alte montagne (confina verso ovest con il Sequoia national park) e inframmezzato da una rete di piccole vallate articolate in profondi e tortuosi canyon. Nel fondovalle di possono incontrare deserti di sabbia, con alte dune modellate dal vento, oppure aride distese di terra incrostate di sale.
Il clima è estremo, è considerato il luogo abitato più caldo del mondo, con temperature massime che possono sfiorare i 60 °C (il record di temperatura è di 56,7 °C registrato il 10 luglio 1913).
Prima di partire: considerazioni pratiche
L’itinerario che vi propongo attraversa questa splendida vallata toccando le sue zone più spettacolari e interessanti, ma anche i suoi tesori più nascosti. Si parte da Olancha, un piccolo abitato a circa 300 km da Los Angeles, e si conclude a Death Valley Junction, dopo aver percorso circa 130 miglia (circa 210 km).
È possibile completare l’itinerario in giornata, anche in poche ore, ma la soluzione ideale è sostare almeno una notte nella valle, per visitare con tranquillità i suoi punti più interessanti e godere le spettacolari stellate regalate dal buio assoluto della notte.
Devo ammettere però che le due soluzioni alberghiere migliori, poste proprio nel cuore della Death Valley (The Ranch at Death Valley; The Inn at Death Valley) sono piuttosto costose.
Completato questo itinerario potrete proseguire il vostro viaggio entrando in Nevada, che comprende parte del parco nazionale della Death Valley, lasciando questi desolati spazi desertici per immergervi tra le luci sfavillanti di Las Vegas.
Considerando le caratteristiche climatiche del luogo, è evidente che è sconsigliabile trovarsi da queste parti in piena estate. Meglio visitare questi luoghi in inverno, quando le temperature sono più sopportabili.
Per visitare questa zona potete utilizzare una comune berlina, perché la maggior parte delle strade è asfaltata, anche quelle che si addentrano in zone remote. Se però volete fare qualche deviazione sulle strade sterrate che si diramano dalle vallate principali (non sono molte quelle aperte al pubblico) meglio noleggiare un fuoristrada.
Death Valley: che il viaggio abbia inizio
Il nostro viaggio può farsi interessante fin da subito. Nei pressi di Olancha si trova infatti il lago Owens, un bacino quasi completamente secco, ma non a causa di complicati fenomeni geologici o per i cambiamenti climatici. La ragione della sua scomparsa sta invece nella costruzione di un imponente acquedotto, allo scopo di dissetare la città di Los Angeles, che ha dirottato il corso del fiume Owens. Pensate che prima di questi lavori, nel 1913, il lago si estendeva su una superficie di circa 280 km2.
Lasciando Olancha lungo la 190 e percorrendo il lunghissimo rettilineo che costeggia il lago non vedrete altro che una immensa spianata di terra arida, battuta dal sole. D’altra parte, anche l’altro versante della strada si affaccia su un territorio altrettanto desertico, con pochi rilevi montuosi che delimitano l’orizzonte.

Il rettilineo termina su un incrocio a T. Qui bisogna girare a destra e proseguire in direzione di Furnace Creek: un nome, un presagio.
La strada inizia quindi a salire molto lentamente di quota, sempre immersa in un paesaggio desolato, fino ad infilarsi in uno stretto passaggio. Sbocca quindi su un altro pianoro desertico, dal terriccio biancastro punteggiato da piccoli arbusti secchi. Tra la scarsa vegetazione vi colpiranno i piccoli alberelli che compaiono qua e là: i Joshua Tree. Noto come Yucca, questo arbusto deve il suo nome ad un gruppo di coloni mormoni che attraversarono il deserto del Mojave nel’800. A quanto pare, la forma dell’albero ricordava loro un passo della Bibbia nel quale Mosè alzava le braccia al cielo per pregare. Solo quando le sue braccia erano alte Giosuè e il suo esercito potevano vincere.
È facile immaginare che trattandosi dell’unica pianta degna di questo nome a crescere da queste parti fu utilizzata fino all’ultima foglia. Fu impiegata per costruire piccole abitazioni e anche come combustibile per i veicoli a vapore che venivano utilizzati all’ora per spostare persone e merci.
Colate laviche e ceneri vulcaniche
Dopo altri lunghissimi e assolati rettilinei, dove il sole riverbera sull’asfalto fino a far perdere la visuale della stessa strada, attraverserete il cartello che segna l’inizio del parco nazionale della Death Valley. Da lì a poco la strada inizia nuovamente a salire di quota, facendosi via via più tortuosa, regalando panorami sempre più belli ed estesi sulla pianura sottostante. Potete fare una sosta al Father Crowley Overlook, da dove potrete ammirare splendide viste su colate laviche e ceneri vulcaniche che scendono dai rilievi circostanti. In basso vedrete anche aprirsi l’ampia e profonda spaccatura del Rainbow Canyon.
Il canyon ha pareti di origine vulcanica, con rocce di colore rosso, grigio e rosa, simili ai colori del pianeta Tatooine, uno dei pianeti che compongono la saga di Star Wars. Per questo, la gola è stata poi soprannominata Star Wars Canyon.
Percorrendo la strada sterrata che vedrete a est del parcheggio avrete altre viste sulla Panamint Valley settentrionale.
Dalla Seconda guerra mondiale fino al 2019, quest’area è stata comunemente utilizzata dall’aeronautica e dalla marina degli Stati Uniti per l’addestramento dei piloti da caccia.
Una volta raggiunto il suo culmine, la strada inizia a ridiscendere entrando nella Panamint Valley, tagliandola trasversalmente con un lunghissimo rettilineo in direzione ovest – est. La Panamint Valley è un lungo bacino situato a est delle catene Argus e Slate e ad ovest della catena Panamint. Si estende per una lunghezza di oltre 100 km.
Cascate nel deserto
Prima di imboccare il rettilineo vedrete un albergo (Panamint Springs Resort) e un parcheggio per caravan e camper. Ancor prima (circa un miglio prima dell’albergo) vedrete sulla vostra destra una piccola strada sterrata che si infila tra i rilievi circostanti. Seguendola per circa 2,5 miglia arriverete ad un parcheggio da cui si diparte un sentiero: il Darwin Falls Trail.
Questo sentiero vi porterà appunto alle Darwin Falls (circa 1,5 km sola andata). Si, avete capito bene, una cascata nel mezzo del deserto.
Darwin Falls prende il nome da un medico dell’esercito, Erasmus Darwin French, che arrivò da queste parti nel 1846, durante la guerra messicano-americana e prospettò la presenza di argento nelle rocce della zona.
Con un’altezza di circa 5 metri le cascate di Darwin sono una delle poche cascate aperte tutto l’anno nel parco. L’acqua sorgiva crea ovviamente un ambiente insolito per il contesto in cui è inserita, lasciando crescere una rigogliosa vegetazione. Non mancano piccoli animali acquatici, come raganelle e rospi, e altri animali che arrivano fin qui per abbeverarsi, come le pecore bighorn.
Anche gli esseri umani hanno usato quest’acqua per centinaia di anni e ancor oggi è utilizzata dall’albergo posto più a valle.
Death Valley: il mondo dei minatori
Poco dopo aver imboccato il rettilineo vedrete sulla destra il bivio per Trona, lungo la Panamint Valley road, una strada che attraversa la vallata in tutta la sua lunghezza, ma noi proseguiamo dritti. Una volta superata la vallata la strada inizia nuovamente a salire e dopo aver compiuto qualche ampia curva raggiunge Towne Pass, posto a circa 1.500 metri di quota. Da qui la discesa ci porta ad entrare finalmente nella Death Valley.
Dopo circa 7,5 miglia vedrete il bivio per Wildrose. Imboccando questa deviazione, e seguendo la Emigrant Canyon Road per circa 12 miglia, arriverete in quello che resta di Harrisburg, un piccolo abitato fantasma, un tempo popolato dai minatori, e alla vicina Eureka Mine. L’ultima parte della strada non è asfaltata.
Inizialmente era un semplice campo tendato, ma poi vennero costruite alcune case e si creò un piccolo paese. Rimase attivo fino agli inizi del ‘900.
Proseguendo oltre Harrisburg per circa 5 miglia arriverete ad Aguereberry Point, posto a quasi 2.000 metri di altezza, che vi regalerà spettacolari panorami sulla Death Valley.
Questa strada vi porta un po’ fuori rotta, ma è una deviazione interessante per l’ambiente in cui ci si immerge, tra interessanti riferimenti storici e splendidi panorami sulle vallate.
Death Valley: un sentiero pavimentato con mosaici… naturali
Tornati sulla 190 si entra nel cuore della Death Valley e si percepisce subito la sua vastità. Il nastro di asfalto nero contrasta incredibilmente con il terreno biancastro circostante e sembra quasi surreale.
Rettilineo dopo rettilineo si arriva alla piccola località turistica di Stovepipe Wells. In tipico stile «western» troverete un hotel, un ristorante e l’immancabile «saloon», presenti in questo luogo fin dal 1926.

Poco prima di arrivare a Stovepipe vedrete sulla destra il bivio per Mosaic Canyon. Da qui, una strada sterrata vi porterà dopo 2,4 miglia al punto di partenza di un altro sentiero: il Mosaic Canyon Trail.
Il percorso è molto vario e suggestivo. Dopo aver percorso poche centinaia di metri il canyon si restringe bruscamente e ci si trova circondati da pareti di marmo rese lisce dalle acque che hanno solcato la gola per millenni. Guardando a terra capirete perché il canyon si chiama Mosaic. Vedrete infatti frammenti di vari tipi di roccia, di differenti colori, inglobati in una sorta di cemento naturale. Un vero e proprio pavimento a mosaico in stile veneziano.
A circa 2 km un blocco di massi rende difficile proseguire, ma se siete allenati potete passare tra le rocce e avventurarvi in un tratto del percorso complicato, ma molto divertente da percorrere per chi ama arrampicarsi.
Il sentiero si conclude ai piedi di una cascata secca alta circa 7 metri. La sua lunghezza complessiva è di 6,4 km (andata e ritorno) e richiede tra le due e le tre ore per essere completato.
Devil’s Cornfield: il campo di mais del diavolo
Da Stovepipe Wells proseguite verso ovest per due miglia ed entrate sul parcheggio posto sulla sinistra. Da qui un breve sentiero vi condurrà nel mezzo di una serie di dune in stile «sahariano» che si sono formate non lontano dalla strada, sul Mesquite Flat. Sono delle formazioni inattese, che sembrano contrastare con il resto del paesaggio, ma coprono una superficie di circa 14 miglia quadrate. La sabbia si è formata dall’erosione delle rocce circostanti, il vento poi completa l’opera.

Mi raccomando, fate attenzione, perché passare sulle dune con il fuoristrada è un reato punito severamente. Anche la discesa delle dune con la tavola da surf è consentita solo in alcune zone precise.
Proseguendo sulla 190, a circa tre miglia si trova un’altra opportunità di fare una breve deviazione a piedi all’interno del deserto. Da qui un sentiero vi porta nel Devil’s Cornfield, il campo di mais del diavolo. Non vedrete più dune di sabbia, ma dei bassi arbusti che dovrebbero appunto ricordare il mais quando viene raccolto in fasci, alla fine del raccolto. Vedrete poi alcuni alberi di mesquite, piante piuttosto tipiche di queste parti, capaci di crescere in ambienti molto caldi e poveri d’acqua. Le loro foglie sottili ricordano in qualche modo le lamelle delle felci. Infine, vedrete le piantine di arrow weed che venivano utilizzate dagli indiani per costruire le frecce dei loro archi, grazie ai loro steli lunghi e dritti.
Lo Scottys castle
Tornando sulla strada principale, a breve distanza vedrete il bivio per lo Scottys castle. Si tratta di una strana costruzione, in stile più o meno coloniale, che sorge in un’oasi nascosta tra i rilievi della zona. Fu costruita negli anni ’20 da Albert Mussey Johnson, un magnate delle assicurazioni di Chicago, come luogo di vacanza.
Il suo amore per la Death Valley nacque quando decise di venire a visitare questi luoghi dove aveva investito molto denaro nello scavo di una miniera gestita da Walter Scott, noto come «Death Valley Scotty». Questi, un personaggio turbolento e losco, molto abile nello spendere i soldi degli altri, lo aveva sostanzialmente truffato. Iniziò così a farlo girare per la valle, sperando di sfinirlo e costringerlo a tornarsene a casa. Al contrario Johnson si innamorò di questi luoghi. Non solo, la sua salute migliorò notevolmente, grazie al clima secco e soleggiato, e decise così di costruirci una casa.
La deviazione è piuttosto lunga (36 miglia), ma porta proprio all’interno della Death Valley, in zone desertiche molto belle.
Inoltre, scendendo dallo Scottys castle, avrete la possibilità di visitare un’interessante formazione vulcanica. Proprio alla fine della stretta gola che sfocia nella parte pianeggiante del deserto, vedrete un bivio sulla destra che porta al Ubehebe Crater. Dopo 5 miglia la strada, tutta asfaltata, vi porterà sulla bocca di un grande cratere vulcanico, profondo 180 metri piedi e largo 800 metri.
Diversi sentieri tracciati permettono di passeggiare attorno al vulcano o raggiungere la sua cima.
Salt Creek: animali e vegetazione «at a glance»
Torniamo sulla 190 e dopo 4 miglia si può fare un’altra passeggiata interessante sul Salt Creek Interpretive Trailhead. In quest’area, che è stata coperta da copiosi allagamenti nell’estate del 2022, si trovano piante e animali di vario tipo. Tra questi è particolarmente curioso il pupfish, un piccolo pesce azzurro che si aggira nelle pozze d’acqua e si è adattato a vivere in elevate concentrazioni saline, che possono superare quelle dell’acqua di mare. Nei mesi invernali più freddi depone le uova, poi con l’arrivo dell’estate si ritira verso la sorgente del torrente per evitare di morire intrappolato nelle pozze che si prosciugano. Sembra che gli antenati di questa creatura vivessero nello scomparso Lake Manly, circa 12.000 anni fa. Un bacino che copriva gran parte della Death Valley.
Lungo il sentiero troverete una serie di cartelli illustrati che forniscono informazioni sulla vita animale e vegetale del luogo.
Death Valley: una passeggiata all’interno di canyon colorati
Lasciato il sentiero, si torna in auto per arrivare a Furnace Creek, fulcro della Death Valley e sede di una importante sorgente d’acqua. Qui troverete anche il visitor center del parco.
L’abitato sorge in una vera e propria oasi verdeggiante, su ci è stato anche allestito un campo da golf.
Poco più a sud di Furnace Creek, prima di arrivare al Furnace Creek Inn, prendete la strada sulla destra (Badwater road) e dopo 2 miglia fermatevi nel parcheggio posto sulla sinistra per un’altra breve escursione a piedi. Un sentiero vi porterà infatti nello spettacolare Golden Canyon, un intreccio di gole con le rocce venate da colori brillanti.

Complessivamente il percorso è lungo circa 4 km, ma ovviamente può essere percorso anche solo parzialmente. Se lo seguite fino alla sua estremità più orientale vi porterà al famoso Zabriskie Point, forse il punto più spettacolare di tutta la Death Valley. Da qui la vista si estende su rilevi rocciosi dai mille colori, tutti composti in un quadro naturale di grande bellezza.
Le ore migliori per visitare il Golden Canyon e Zabriskie Point sono certamente quelle del tardo pomeriggio, sia per le temperature più miti, sia per i colori delle rocce che con il calar del sole si fanno ancora più accesi.
Mentre passeggiate in questo fantastico territorio, pensate per qualche momento anche ai temerari pionieri che attraversavano queste terre desolate nell’800. Non era certo un’impresa semplice. Sopravvivere al clima estremo e alle scarse risorse per nutrirsi richiedeva un notevole spirito di avventura.
Il punto più basso del Nord America: Badwater
Proseguendo sulla Badwater road per altre 9 miglia circa arriverete ad un luogo davvero interessante. Dopo aver visitato il campo di grano del diavolo, adesso entriamo nel suo campo da golf: il Devil’s Golf Course. La diavoleria sta nelle caratteristiche del terreno, dove terra e sale si sono mischiati in una lega molto solida e battuti dal vento si sono alzati formando una specie di tappeto coperto di spine acuminate. È decisamente impossibile farci scorrere una pallina.
Poco più a sud del Devil’s Golf Course si arriva ad un altro punto caratteristico della valle: Badwater. Nel mezzo di una spianata desertica vedrete una pozza d’acqua con le sue rive incrostate di sale. Nelle vicinanze è piantato un piccolo cartello che indica la quota sul livello del mare di quest’area: -282 feet (-86 metri). Già, ci troviamo al di sotto del livello del mare, nel punto più basso del Nord America.

Queste saline si estendono su una superficie di oltre 500 km quadrati e le concrezioni biancastre che vedete sono composte principalmente da cloruro di sodio, calcite, gesso e borace.
Nonostante l’elevata salinità dell’acqua, anche qui molti organismi riescono a sopravvivere. Tra questi una particolare tipo di lumaca che si trova naturalmente solo in questo luogo. Anche Badwater è un retaggio di quello che fu Lake Manly, prima della sua evaporazione.
Un breve sentiero di circa 2-3 km (andata e ritorno) vi porterà a passeggiare in questo posto surreale.
Death Valley: il paesaggio cambia ancora
Di ritorno verso Furnace Creek imboccate sulla destra l’Artist Drive (circa 8 miglia da Badwater) e la strada (asfaltata) vi porterà tra bassi rilievi colorati, di chiara origine vulcanica, dove spiccano venature rosa, gialle e rosse. Arriverete quindi ad un punto panoramico, l’Artist Palette (la tavolozza dell’artista), da dove avrete modo di ammirare spettacolari vedute sulle formazioni rocciose circostanti. Anche qui ampie venature verdastre si alternano ad altre rosse o rosate. La miriade di piccole vallate che solcano le pendici di questi rilievi è chiaramente il frutto dell’erosione dell’acqua, anche se il clima e l’ambiente nel suo complesso sembrano completamente aridi.

Proseguendo tra paesaggi lunari si torna sulla Badwater road, fino a Furnace Creek. Una volta raggiunta la 190 si deve proseguire verso destra e dopo circa 3,5 miglia si arriva al parcheggio di Zabriskie Point. Questa è l’occasione di ammirare senza fatica i suoi spettacolari panorami, per chi ha preferito non completare il sentiero del Golden Canyon.
Zabriskie Point prende il suo nome dall’omonimo film del 1970, diretto da Michelangelo Antonioni, in cui i protagonisti arrivano in questo posto magico e suggellano il loro amore.
Panorami a volo d’uccello: Dante’s View
Poco più a sud dello Zabriskie Point vedrete sulla destra una deviazione verso il Twenty Mule Team Canyon. Una strada sterrata vi porterà in un ambiente differente rispetto a quello visitato in precedenza. Qui le rocce sono sostituite da rilievi di arenaria biancastra, modellati in forme tondeggianti dall’erosione dell’acqua. Sembra davvero di viaggiare in un altro mondo. Dopo circa 3 miglia la strada si ricongiunge alla 190.

Poco più a sud (4,4 miglia) ci aspetta un’altra imperdibile deviazione, quella che porta a Dante’s View. La strada, perfettamente asfaltata, punta dritta verso sud e dopo circa 13 miglia termina in un parcheggio. Da qui, in posizione sopraelevata, vi si apriranno dei panorami mozzafiato sulla Death Valley. Seguite i due sentieri che si dipartono dal parcheggio in direzione opposta per non perdere le ampie vedute sulla vallata sottostante.
Il nome di questo luogo fu attribuito da un gruppo di affaristi che stava valutando le prospettive turistiche di quest’area, pensando alla Divina Commedia di Dante Alighieri. Lui descrisse i nove gironi dell’Inferno, le sette terrazze del Purgatorio e le nove sfere del Paradiso. Ebbene, il promontorio su cui si trova Dante’s View, è a metà fra terra e cielo, come una terrazza del Purgatorio. Secondo la fantasia degli uomini d’affari, i sottostanti Devil’s Golf Course e Badwater rappresentano il fondo dei gironi dell’Inferno, mentre Telescope Peak, posto dall’altro lato della valle, è la settima e ultima terrazza del Purgatorio, prima di giungere in Paradiso.
Death Valley: una meta finale… inevitabile
La Dante’s View road va percorsa a ritroso fino alla 190, ma la bellezza dei luoghi e il paesaggio mutevole non vi annoieranno di certo. Da qui dovrete percorrere ancora 18 miglia per arrivare al termine del nostro itinerario: Death Valley Junction.
In questo minuscolo abitato potrete trovare un piccolo albergo dal nome altisonante (Amargosa Opera House) e uno sgangherato caffè.
Da qui l’estensione inevitabile di questo viaggio è verso Las Vegas, per riposarsi in un albergo confortevole e fare un bagno nelle sterminate piscine di cui sono dotati. Dopo aver passato qualche giorno nella desolata Death Valley darà decisamente una svolta al vostro viaggio, tra grattaceli, fontane zampillanti, luci scintillanti e… tavoli verdi.

Per raggiungere la città vi consiglio di proseguire verso nord sulla 127, fino ad Amargosa Valley e quindi imboccare la US 95 fino a Las Vegas. Nel complesso sono 112 miglia. Qualche miglio in più rispetto alla strada che passa per Pahrump, ma questo percorso vi regalerà ancora qualche chilometro in questo straordinario territorio desertico.
Per domande, consigli o informazioni su questo itinerario potete scrivere a: redazione@guidarenelmondo.com.
Se volete qualche ispirazione per organizzare i vostri prossimi viaggi in destinazioni più lontane, potete dare uno sguardo ai libri che ho pubblicato sull’America Latina e sull’Alaska. Vi forniranno utili informazioni dettagliate sulle strade più spettacolari da percorrere.
Franco Folino